Precariato, o dei drammi di non avere un lavoro

Ciò che odio

–          Dare fondo ai risparmi di quando avevo un lavoro. Per inciso, mi lamentavo spesso del fatto che mi portava via molto tempo (che era sottratto a leggere e funzionare come funzionavano i social network, visti dagli ex datori di lavoro come l’anticamera dell’inferno).

–          Conseguenze (forse sarebbero due sottopunti, non so, qua si va di getto): non poter aiutare chi  mi sta attorno (leggi famiglia, fidanzato) e rischiare di essere di peso

–          L’essere costretta a considerarmi choosy se non corro al Simply davanti a casa a pregare in ginocchio se mi fanno lavorare (pura questione di darsi delle priorità: il lavoro mi manca da 20 giorni circa, diciamo che la ricerca si amplia col tempo. Ma certo il Simply non è fuori discussione.

–          Scoprire che una formazione professionalizzante davvero professionalizzante, di qualità continuativa, non è accessibile. Per problemi economici (si aspettano – con gioia – smentite).

Ciò che odio veramente

Non poter comprare i libri che vorrei leggere. In special modo nuovi , cioè inaccessibili per via bibliotecaria. Nello specifico, muoio dalla voglia di

–          Intellettuali del piffero, voglio proprio vedere com’è quest’annunciata rivelazione di tutti i mali che hanno afflitto la cultura italiana negli ultimi 20 anni.

–          Qualsiasi cosa di Alice Munro (sono imbarazzante: i libri sono il mio primo amore e pane quotidiano e non ho mai letto niente del prossimo Nobel. Ho cercato di chiedere un consiglio cinguettante a Einaudi Editore ma la ho presa troppo alla larga, credevano cercassi un consiglio per un amico).

Ancora peggio, odio non poter leggere libri che mi spieghino il grande mondo dei Social Media, nuovo grande amore (ma è possibile che stiano solo cercando di vendermi un sogno), che iniziano a farmi sospettare che la strategia educativa di mia madre (Spegni quel computer e vai a fare la versione di greco) fosse tragicamente miope a livello lavorativo.

Nello specifico (ma desidererei ampliare la mia minuscola bibliografia) vorrei per lo meno:

–          Le nuove professioni del web

–          Working on web. Giornalisti e comunicatori (come non si inventa una professione).

In particolare del secondo libro mi affascina l’idea che qualcuno sciolga il nodo di formarsi a una professione che è condannata a un aggiornamento – e invecchiamento – istantaneo.

Cose che imparo ad apprezzare grazie a questa condizione:

–          L’andare a corsi di formazione

–          Il conoscere nuove persone

–          Il fare colloqui (palestra antiansia)

Detto questo, dato che dovrei essere in buona compagnia, pare, nella ricerca lavorativa, apro ufficialmente il contest  sulle fatiche del precariato. Unica regola: concludere con almeno uno spiraglio di positività elencando le cose che impariamo ad apprezzare (lo so, mi devo forzare anche io, ma possiamo farcela)